Il figlio dell’ultimo re d’Italia si è spento a 86 anni e nel frattempo si fanno trada le ipotesi sulla questione dell’eredità.
In seguito alla morte di Vittorio Emanuele di Savoia, figlio dell’ultimo re d’Italia, emerge la questione dell’eredità, molto probabilmente già decisa tramite un testamento. Vittorio Emanuele di Savoia è deceduto la mattina del 3 febbraio a Ginevra, dove risiedeva con la sua famiglia. I funerali, invece, si terranno sabato 10 febbraio alle 15:00 a Torino presso il Duomo, accessibile solo su invito. Nel corso della sua vita, il principe è stato indagato per la morte di Dirk Hamer, un giovane tedesco di 19 anni figlio del medico e teologo tedesco Geerd Hamer; inoltre è finito in carcere a causa dell’inchiesta Vallettopoli.
Il patrimonio dell’ex reale italiano è stimato intorno a 1,4 milioni di franchi svizzeri (equivalenti a 1,5 milioni di euro). Nonostante l’esilio, infatti, la famiglia Savoia è riuscita a mantenere gran parte delle proprie ricchezze.
Il patrimonio di Vittorio Emanuele di Savoia
Non è noto l’ammontare esatto del patrimonio di Vittorio Emanuele di Savoia, in quanto la famiglia ha sempre cercato di mantenere il massimo riserbo su questi dettagli. Nel 2006 la fortuna della Casa era stata stimata intorno a 1,4 milioni di franchi svizzeri (circa 1,5 milioni di euro) con un reddito annuale di 280.000 franchi (circa 300.000 euro).
Le cifre erano state riportate dal giornale “Swissinfo.ch“, tuttavia non si disponevano di dati più precisi. A comporre il patrimonio di Casa Savoia, sono inclusi anche gli immobili di proprietà di Vittorio Emanuele, che potrebbero ora essere divisi tra la moglie, il figlio e i nipoti.
La casa in cui lui e sua moglie Marina Doria vivevano misurava mille metri quadrati, ma i due coniugi possedevano anche altri immobili: a Roma (di proprietà dello Stato italiano), in Corsica, a Gstaad e in Portogallo. Non si sa, però, se avesse altre residenze sparse in Europa.
Vittorio Emanuele, inoltre, nel corso della sua vita ha collezionato conchiglie rare e oggetti d’oro recuperati durante immersioni. Gran parte di queste collezioni erano custodite nella villa a Vesenaz, famosa per il salone gradinate discendenti e arredamento moderno, che è stata recentemente messa in vendita.
La battaglia per i gioielli della Corona
Il 5 giugno 1946, i gioielli della Corona furono affidati alla Banca d’Italia. La formula per l’affidamento, come scritta da Luigi Einaudi, era stata definita in modo vago, lasciando intenzionalmente spazio al ritorno dei gioielli alla famiglia Savoia. La Costituzione, tuttavia, prevede la confisca dei beni da parte dello Stato, compresi i gioielli e per questo motivo il tentativo di Vittorio Emanuele di recuperare i gioielli della Corona non ha avuto successo e la richiesta è stata respinta dalla Banca d’Italia.
Nel cofanetto conteso tra i Savoia e la Banca d’Italia erano presenti 6.732 brillanti, 2.000 perle di diverse dimensioni, un diamante rosa montato su una spilla, i collier di perle della Regina Margherita II, il diadema della Regina e i gioielli della principessa Maria Antonia. Considerando solo i diamanti, le pietre e le perle il valore raggiunge circa 300 milioni di euro (la cifra non è esatta in perché l’ultima valutazione è stata effettuata nel 1976).
Come verrà divisa l’eredità
Dal momento che Vittorio Emanuele, figlio dell’ultimo re d’Italia, aveva solo un erede, Emanuele Filiberto, l’intera eredità della Casa Savoia potrebbe toccare a lui. Tuttavia vi è da considerare anche l’ipotesi che nel testamento vi siano alcune “sorprese”: Vittorio Emanuele potrebbe infatti aver voluto lasciare una parte alla moglie, Marina Doria, o le nipoti Vittoria e Luisa di Savoia.